STRATEGIA NAZIONALE PER LA BIODIVERSITÀ

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strategia nazionale per la biodiversità

STRATEGIA NAZIONALE PER LA BIODIVERSITÀ

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Strumento di integrazione delle esigenze di conservazione ed uso sostenibile delle risorse naturali

Strategia Nazionale per la Biodiversità. Nel 2010 l’Italia si è dotata di una Strategia Nazionale per la Biodiversità a seguito di un percorso di partecipazione e condivisione fra i diversi attori istituzionali, sociali ed economici, che si sono impegnati a lavorare insieme per fermare il declino della biodiversità.

strategia nazionale per la biodiversità

La Strategia e la sua revisione intermedia fino al 2020 costituiscono uno strumento di integrazione delle esigenze di conservazione ed uso sostenibile delle risorse naturali nelle politiche nazionali di settore. Ciò in coerenza con gli obiettivi previsti dalla Strategia Europea per la Biodiversità.

La Struttura della Strategia Nazionale per la Biodiversità è articolata su tre tematiche cardine:

  1. Biodiversità e servizi ecosistemici,
  2. Biodiversità e cambiamenti climatici,
  3. Biodiversità e politiche economiche;

i rispettivi 3 obiettivi strategici sono raggiunti con il contributo derivante dalle diverse politiche di settore individuate in 15 aree di lavoro.

Governance della Strategia Nazionale per la Biodiversità

L’attuazione della Strategia Nazionale per la Biodiversità richiede un approccio multidisciplinare ed una forte condivisione e collaborazione tra i decisori politici e le amministrazioni centrali e regionali. Necessario anche il supporto del mondo accademico e scientifico, raccogliendo le istanze dei portatori di interesse.

Tutto ciò viene garantito dagli organi di governance appositamente istituiti:

  • Il Comitato paritetico per la Biodiversità, a supporto delle attività della Conferenza stessa. E' composto da rappresentanti delle Amministrazioni centrali e delle Regioni e Province Autonome. 
  • Il Comitato è supportato per gli aspetti tecnico-scientifici dall’Osservatorio Nazionale per la Biodiversità. Composto da rappresentanti di istituzioni, Enti di Ricerca, aree protette di valenza nazionale e regionale e società scientifiche.
  • Il Tavolo di consultazione, costituito dai rappresentanti delle principali associazioni delle categorie economiche e produttive e delle associazioni ambientaliste. Garantisce infine il pieno e costante coinvolgimento dei portatori d’interesse nel percorso di attuazione e revisione della Strategia.

La Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano è stata individuata quale sede di decisione politica in merito alla Strategia, attraverso Accordi e Intese.

Monitoraggio della Biodiversità e valutazione dell’attuazione della Strategia

La Strategia Nazionale per la Biodiversità prevede l’elaborazione, con cadenza biennale, di un rapporto sull’attuazione e l’efficacia della Strategia stessa (Primo Rapporto 2011-2012 – Secondo Rapporto 2013-2014).

A tal fine è stato predisposto un set preliminare di indicatori, costituito da 10 indicatori di stato che mirano a rappresentare e valutare lo stato della biodiversità in Italia e 30 indicatori di valutazione atti a valutare l’efficacia delle azioni svolte dal sistema paese nel raggiungimento degli obiettivi della Strategia.

La struttura della Strategia Nazionale per la Biodiversità

Lo scopo ultimo della Strategia Nazionale per la Biodiversità è racchiuso nella sua visione:

"La biodiversità e i servizi ecosistemici, nostro capitale naturale, sono conservati, valutati e, per quanto possibile, ripristinati, per il loro valore intrinseco e perché possano continuare a sostenere in modo durevole la prosperità economica e il benessere umano nonostante i profondi cambiamenti in atto a livello globale e locale".

Per il conseguimento della visione la Strategia nazionale è stata articolata intorno a tre tematiche cardine:

  • Biodiversità e servizi ecosistemici
  • Biodiversità e cambiamenti climatici
  • Biodiversità e politiche economiche

Biodiversità e servizi ecosistemici

La biodiversità va conservata oltre che per il suo valore intrinseco, anche perché è fonte per l’uomo di beni e risorse e dei cosiddetti servizi ecosistemici, indispensabili per la sopravvivenza e fondamentali per la costruzione dell’economia delle nazioni.

Di questi servizi beneficiano direttamente o indirettamente tutte le comunità viventi del Pianeta: le società umane si sono sviluppate grazie alla biodiversità che ha condizionato e condizionerà il benessere umano.

Secondo la definizione data dal Millennium Ecosystem Assessment nel 2005 i servizi ecosistemici sono “i benefici multipli forniti dagli ecosistemi al genere umano” e si possono distinguere in quattro grandi categorie: supporto alla vita (es. formazione del suolo), approvvigionamento (es. cibo, risorse idriche, medicinali), regolazione (es. regolazione del clima), culturali (es. culturali e religiosi, estetici e ricreativi, educativi).

Anche se è ormai stata accertata la stretta relazione che esiste tra benessere umano e mantenimento dei servizi ecosistemici, in molti casi è difficile una piena comprensione di questa relazione eccetto che per quei casi riconducibili al prelievo diretto di risorse, come nel caso del cibo o dell’acqua potabile.

È quindi di fondamentale importanza giungere a una completa conoscenza del funzionamento degli ecosistemi e dei processi che regolano l’erogazione dei servizi di supporto alla vita. Per poi passare alla loro quantificazione e infine a una loro conservazione e valorizzazione, in modo da garantirne la funzionalità nel medio-lungo periodo e assicurare benessere e prosperità economica alle generazioni presenti e future.

Biodiversità e cambiamenti climatici

La valutazione del valore della conservazione della biodiversità richiede l’integrazione tra ecologia e economia all’interno di un quadro interdisciplinare. L’ecologia dovrebbe fornire le informazioni necessarie in merito alla generazione dei servizi ecosistemici, la cui valutazione deve fondarsi sulla comprensione dei processi biologici e fisici da cui derivano. Alternativamente, all’economia spetterebbe il compito di dotarci degli strumenti per valutarne i valori.

Una volta valutati i valori connessi ai servizi ecosistemici, sarà necessario identificare strumenti economici innovativi adatti per gestire e finanziare le attività di conservazione e uso sostenibile della biodiversità. La consapevolezza dell’importanza delle politiche economiche nella tutela della biodiversità cresce man mano che diventa più chiara l’importanza economica della risorse naturali.

Uno strumento economico può essere considerato adatto a questo scopo quando risponde a tre requisiti: deve essere ambientalmente coerente, socialmente accettato e finanziariamente percorribile.

La Comunità internazionale sta lavorando per l’identificazione di strumenti economici che possano rivelarsi effettivamente utili in questo ambito, ossia che rispondano ai tre requisiti di coerenza ambientale, accettazione sociale e percorribilità finanziaria. A principi vecchi, anche se ormai comunemente accettati, come quello del “polluter pays” (chi inquina paga) si sta cercando di aggiungerne di nuovi come i cosiddetti Pagamenti per i Servizi Ecosistemici (PES), ma ancora non esistono delle vere basi scientifico-economiche per l’adozione di strumenti veramente innovativi.

Esiste un cospicuo numero di studi dedicati all’attribuzione di un valore monetario alla biodiversità e agli ecosistemi e, conseguentemente dei costi derivanti dalla loro perdita, tra cui il recente studio sull’economia degli ecosistemi e della biodiversità (TEEB The Economics of Ecosystems and Biodiversity) presentato alla COP 10 della CBD.

Biodiversità e politiche economiche

L’adattamento ai cambiamenti climatici può avvenire nell’ambito di una risposta naturale degli ecosistemi o può essere pianificata e indotta dall’uomo sempre nella consapevolezza dell’estrema complessità degli ecosistemi e quindi della difficoltà di prevedere le reali conseguenze delle misure adottate.

L’adattamento spontaneo è spesso insufficiente per contrastare l’effetto dei cambiamenti climatici sulla biodiversità. Le misure per favorire la mitigazione o l’adattamento ai cambiamenti climatici degli ecosistemi naturali o gestiti dall’uomo devono essere poste in essere in modo proattivo per avere la massima efficacia.Ovviamente, le misure di mitigazione e adattamento che producono impatti negativi sulla biodiversità devono essere evitate mentre quelle misure che hanno un impatto positivo sulla biodiversità – aumentando la resilienza e la capacità di adattamento di specie, habitat e ecosistemi – rappresentato un’opportunità per contrastare i cambiamenti climatici da ricercare e promuovere.

Tre Obiettivi Strategici

L’individuazione dei tre obiettivi strategici, fra loro complementari, deriva da una attenta valutazione tecnico-scientifica che vede: nella salvaguardia e nel recupero dei servizi ecosistemici e

  • nel loro rapporto essenziale con la vita umana,

l’aspetto prioritario di attuazione della conservazione della biodiversità.

Gli obiettivi strategici mirano a garantire la permanenza dei servizi ecosistemici necessari alla vita, ad affrontare i cambiamenti ambientali ed economici in atto, ad ottimizzare i processi di sinergia fra le politiche di settore e la protezione ambientale.

Obiettivo strategico 1

Entro il 2020 garantire la conservazione della biodiversità, intesa come la varietà degli organismi viventi, la loro variabilità genetica ed i complessi ecologici di cui fanno parte, ed assicurare la salvaguardia e il ripristino dei servizi ecosistemici al fine di garantirne il ruolo chiave per la vita sulla Terra e per il benessere umano.

Obiettivo strategico 2

Entro il 2020 ridurre sostanzialmente nel territorio nazionale l’impatto dei cambiamenti climatici sulla biodiversità, definendo le opportune misure di adattamento alle modificazioni indotte e di mitigazione dei loro effetti ed aumentando le resilienza degli ecosistemi naturali e seminaturali.

Obiettivo strategico 3

Entro il 2020 integrare la conservazione della biodiversità nelle politiche economiche e di settore, anche quale opportunità di nuova occupazione e sviluppo sociale, rafforzando la comprensione dei benefici dei servizi ecosistemici da essa derivanti e la consapevolezza dei costi della loro perdita.

Le aree di lavoro

Il conseguimento dei tre obiettivi strategici viene affrontato nell’ambito di quindici aree di lavoro:

  1. Specie, habitat, paesaggio;
  2. Aree protette;
  3. Risorse genetiche;
  4. Agricoltura;
  5. Foreste;
  6. Acque interne;
  7. Ambiente marino;
  8. Infrastrutture e trasporti;
  9. Aree urbane;
  10. Salute;
  11. Energia;
  12. Turismo;
  13. Ricerca e innovazione;
  14. Educazione, informazione, comunicazione e partecipazione;
  15. L’Italia e la biodiversità nel mondo.

L’analisi condotta  mira a massimizzare il contributo che può derivare da ogni singola politica di settore per il conseguimento dei tre obiettivi strategici e, più in generale, della visione della Strategia attraverso un aumento della consapevolezza dell’importanza della biodiversità:

  • per i servizi ecosistemici;
  • per la mitigazione
  • per l’adattamento ai cambiamenti climatici;
  • per l’economia. 

In ogni area di lavoro vengono illustrate le principali “minacce” per la biodiversità. Segue l’individuazione degli “obiettivi specifici” e delle “priorità d’intervento”. Queste ultime sono molto concrete e legate all’applicazione di strumenti (normativi, regolamentari, finanziari, volontari) esistenti e solo secondariamente da sviluppare ex novo.

Alla fine di ogni area di lavoro vengono ripercorsi i principali strumenti di intervento, di tipo programmatico, normativo e regolamentare esistenti a livello internazionale, europeo e nazionale.

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